[trad. it. di S. Dimarco e R. Cazzola, Adelphi, Milano 2016]
Vuole la leggenda, testimoniata da Wikipedia.de, che dopo la lettura dei diari e delle lettere di Kafka il giovane Reiner Stach (1951) abbia interrotto i suoi studi di matematica per passare a lettere: una leggerezza che nel 1978 era ancora possibile commettere senza necessariamente venir relegati per forza di teoria in una «classe disagiata». Laureatosi nel 1985 a Francoforte con una tesi sul Mito eroico di Kafka, Stach vive da “libero scrittore”, come dicono in Germania, collaborando con diverse case editrici e partecipando all’edizione critica delle opere di Kafka promossa da Fischer, finché nel 1996, a trentacinque anni, decide di tentare l’impresa di scrivere una biografia di Kafka: la prima basata su tutte le fonti d’archivio disponibili, alcune delle quali, come il lascito di Felice Bauer, scoperte da lui stesso. Il primo volume, Kafka. Die Jahre der Entscheidungen (Gli anni delle scelte, 1910-1915), che tratta il periodo di maggior produttività dello scrittore, esce nel 2002; il secondo, Die Jahre der Erkenntnis (Gli anni della consapevolezza, 1915-1924), nel 2008; il terzo, Die fruhen Jahre (Gli anni della giovinezza, 1883-1910), nel 2014. Diciott’anni di lavoro per oltre duemila pagine, alle quali nell’edizione in cofanetto del 2017 si sono aggiunte le oltre 600 di Kafka von Tag zuTag (Kafka giorno per giorno), minuziosa registrazione di tutte le lettere, i diari e gli avvenimenti della vita dello scrittore. Un’opera -tradotta finora in inglese, spagnolo, ceco e cinese – imprescindibile per chiunque d’ora in poi si cimenti con lo studio di Kafka. Non solo per la completezza, la monumentalità e il rigore, che, restituendo puntualmente i testi al loro contesto storico, politico, religioso, familiare e personale, fa giustizia di tanta critica impressionistica e mitizzante. Per tenere insieme i diversi fili di un’esistenza apparentemente povera di eventi ma profondamente complessa, Stach sperimenta una forma di scrittura che acquista un respiro davvero romanzesco, che ha fatto parlare di una rivoluzione nel genere biografico. D’altronde è l’autore stesso a chiedersi se, considerando il livello raggiunto dalle più recenti biografie su Goethe, Thomas Mann, Virginia Woolf, Nabokov, Joyce e Beckett, questo genere letterario non debba essere nobilitato come forma d’arte specifica. I «99 reperti» di Questo è Kafka? usciti in una prima versione su franzkafka.de, il sito animato dallo stesso Stach, non sono che un piccolo saggio degli innumerevoli documenti utilizzati nella trilogia biografica: vi troviamo, tra l’altro, la planimetria della casa dei Kafka nella Niklasstrasse, puntualmente ripresa nella Metamorfosi, la cartolina inviata all’editore Kurt Wolff insieme al manoscritto di Nella colonia penale, e la foto che dà il titolo al volume, scattata l’11 settembre 1909 all’aerodromo di Montichiari, vicino a Brescia, nella quale pare sia inquadrato lo stesso Kafka, naturalmente di spalle. Assemblato nel 2012 per colmare editorialmente, con qualche chicca e molte illustrazioni, l’intervallo fra l’uscita del secondo e del terzo volume della biografia, il libretto, tradotto e curato con la consueta meticolosità da Adelphi, vuole essere un «mosaico» che «ci mostra un Kafka poco conosciuto»: rischia però, con le sue «curiosità» e «sorprese», di portare acqua a quel culto kafkiano un po’ kitsch da cui la grande biografia di Stach, che speriamo venga presto tradotta anche in Italia, vorrebbe invece liberarci.
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